Inquinamento da cocaina: uno studio dell’Università Federico II di Napoli, pubblicato a giugno 2018, segnala i rischi per la salute e la vita delle anguille legati alla forte concentrazione di cocaina nei fiumi.
L’anguilla è uno dei pesci più prelibati e più interessanti sul piano gastronomico, viene celebrata ogni anno tra settembre e ottobre nella celebre Sagra di Comacchio, ma è difficile da allevare (un celebre tentativo che fu fatto in provincia di Brescia alla fine degli anni ’70 portò dopo pochi mesi alla sostituzione delle anguille con gli storioni, dando vita al marchio di caviale Calvisius) ed è oggi a rischio estinzione (la popolazione dell’anguilla europea è diminuita del 99% dal 1978 a oggi), a causa dell’inquinamento da agenti chimici (che danneggia gli organi sessuali degli animali), e della diffusione di specie come pesci siluri e nutrie, che si cibano di anguille. Un altro problema, emerso di recente, è quello dell’inquinamento da cocaina nei fiumi.
Uno studio coordinato da Anna Capaldo dell’Università Federico II di Napoli, pubblicato il 4 giugno 2018 sulla rivista Science of the Total Environment, racconta i risultati di un esperimento nel quale le anguille sono state poste in vasche con una concentrazione di cocaina analoga a quella riscontrata nei tratti urbani di alcuni fiumi (per esempio il Tamigi). Dopo alcuni giorni di permanenza nelle vasche, le anguille hanno subito cambiamenti ormonali e gravi danni a cervello, muscoli e pelle, e anche dopo dieci giorni di “riabilitazione” in vasche senza cocaina i problemi sono rimasti. L’eccessiva concentrazione di cocaina nei fiumi crea dunque seri problemi di locomozione alle anguille, mettendo ulteriormente a rischio la sopravvivenza della specie, perché – come è noto – le anguille nascono nel mar dei Sargassi, migrano verso le coste europee, risalgono in fiumi e laghi, poi ritornano al Mar dei Sargassi e si riproducono prima di morire, per cui hanno un ciclo vitale che è impossibile compiere se ci sono problemi muscolari e difficoltà di movimento. Non è stata invece dimostrata per il momento nessuna correlazione tra i danni che l’inquinamento da cocaina arreca alle anguille e possibili conseguenze per gli uomini che mangiano anguille. A questo proposito la coordinatrice dello studio Anna Capaldo ha dichiarato all’Ansa: “abbiamo visto che c’è una certa bioaccumulazione nel muscolo, che è la parte che mangiamo. Non sappiamo però cosa succede quando l’animale muore, e l’effetto che ha la cottura. Anche qui servono altre ricerche“.
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