Il 2015 è l’anno record per le importazioni di miele in Italia, e ad oggi secondo le stime della Coldiretti almeno un barattolo di miele su due in vendita in Italia è prodotto all’estero, prevalentemente in Ungheria, Cina, Spagna e Romania.
Secondo un’analisi (sa base dati Istat) diffusa dalla Coldiretti a marzo 2016, le importazioni di miele in Italia nel 2015 hanno raggiunto la cifra (record di sempre) di 23,5 milioni di chili, con un aumento dell’11% rispetto al 2014. I più importanti mercati di provenienza del miele importato in Italia nel 2015 sono l’Ungheria (7,4 milioni di chili), la Cina (4,8 milioni di chili, quasi il doppio rispetto al 2014), la Spagna (2,3 milioni di chili) e la Romania (1,9 milioni di chili).
Questa crescita dell’import rappresenta certamente un problema per i produttori dei più costosi mieli italiani. Oggi in Italia (dati Coldiretti) ci sono circa 50.000 apicoltori, con un giro d’affari di 70 milioni di euro per un totale di 1,39 milioni di alveari. La produzione media per alveare è intorno ai 17,5 kg, ma nelle aziende apistiche professionali (quelle che gestiscono più di di 150 alveari, che in Italia sono circa 2.000) si sale sui 33,5 Kg/alveare. Non bisogna poi dimenticare il fondamentale contribuito dato all’agricoltura dal servizio di impollinazione, oggi sempre più a rischio per la minaccia alle api legata alla diffusione dei pesticidi neonicotinoidi.
Ma c’è anche un altro aspetto, un problema che si pone ogni volta che c’è un forte aumento nell’importazione di un prodotto alimentare: la questione della sicurezza alimentare, dei diritti dei consumatori e della chiarezza e trasparenza delle indicazioni in etichetta. Apparentemente sul piano delle norme e delle regole sembra non esserci nessuna criticità e nessuna lacuna perché sulle confezioni di miele che non è raccolto o che non è raccolto interamente in Italia è obbligatorio per legge riportare la dicitura “miscela di mieli originari della CE”, oppure “miscela di mieli non originari della CE”, oppure “miscela di mieli originari e non originari della CE”. E nei mieli raccolti interamente in Italia la provenienza italiana deve parimenti essere indicata in etichetta. Ma in realtà ci sono almeno due problemi: la questione del miele Ogm e l’utilizzo del miele come ingrediente in altri prodotti. In Italia come è noto è vietata la coltivazione degli Ogm, e quindi il miele Ogm non può essere prodotto né venduto. Ma l’Unione Europea ha ufficialmente stabilito che nel miele in vendita in area Ue non è obbligatorio indicare in etichetta la presenza di polline contaminato da Ogm. Dunque il consumatore italiano che acquista in Italia miele di importazione può scoprire leggendo l’etichetta che il miele non è italiano ma non può sapere se il miele è o non è Ogm (a meno che acquista solo miele italiano). E poi c’è appunto il problema del miele utilizzato come ingrediente: in questo caso non c’è alcun obbligo di indicazione in etichetta sulla provenienza. Se viene utilizzato il miele per esempio nei biscotti o nel torrone non sappiamo se questo miele è italiano o se – come sempre più spesso accade – è cinese, ungherese o rumeno.
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