Il processo di torrefazione costituisce una delle fasi fondamentali nella lavorazione dei chicchi di caffè. Oltre a rendere commestibile il caffè verde, conferisce a ogni miscela il suo profilo aromatico e organolettico caratteristico.
Come spiega Marco Bazzara, Sensory project manager e Academy Director della Bazzara Academy: “La tostatura dei chicchi, insieme alla miscelazione, più che un’abilità tecnica, è una vera arte. Serve un lungo addestramento per diventare esperti torrefattori. Come un pittore unisce i colori per dar vita a nuove tonalità, così il Mastro torrefattore miscela specie di caffè differenti per creare nuove composizioni”.
Per eseguire l’operazione di tostatura esistono due metodi: quello industriale e quello tradizionale. Le due tecniche si differenziano nell’intensità del calore e nei tempi di tostatura. “Il sistema industriale – spiega Marco – utilizza tostatrici a letto fluidificato, nelle quali i grani di caffè sono investiti direttamente da un vortice d’aria calda ad alta pressione. Nel metodo a fluidificazione, il ciclone d’aria riscaldata tiene in sospensione i semi per qualche minuto appena.
Il procedimento tradizionale, invece, – prosegue – consiste nel sottoporre i chicchi a una fonte di calore che aumenta progressivamente fino a temperature oscillanti tra i 200 e i 230 °C per 12–15 minuti (in alcuni casi 20 minuti).
Nelle tostatrici tradizionali a tamburo rotante e a ciclo discontinuo il caffè ruota all’interno di un cilindro le cui pareti e l’interno sono attraversati da una corrente d’aria preriscaldata. Il sistema a ciclo continuo consente, grazie alla sua rapidità, di ottimizzare i tempi di produzione e una minor perdita di peso da parte dei chicchi, e permette al caffè una corretta formazione degli aromi.
La lentezza della lavorazione tradizionale è considerata l’unico mezzo per far affiorare la raffinatezza e la complessità nei caffè di qualità superiore. Durante la delicata fase di torrefazione, nei semi verdi avviene una metamorfosi in cui alcune caratteristiche iniziali spariscono o diminuiscono e ne affiorano di nuove. Nel corso di tale processo, il caffè subisce importanti trasformazioni fisiche e chimiche”.
“I principali cambiamenti fisici del chicco si possono riassumere nella diminuzione del suo peso intorno al 18-20% a causa dell’evaporazione dell’acqua e di sostanze organiche, nell’aumento del suo volume fino al 60% rispetto al prodotto crudo, per effetto della pressione di gas formatisi al suo interno, nella differente consistenza della sua struttura, che da dura ed elastica diventa friabile, e nel cambiamento del colore, che da verde diventa marrone. Inoltre, in tostatura il caffè perde la pellicola argentea residua, che viene eliminata più o meno completamente.
Le modificazioni chimiche riguardano la riduzione di alcuni componenti, come gli zuccheri, l’acqua, che diminuisce di quasi dieci volte, gli acidi clorogenici e le trigonelline, il cui abbassamento migliora la digeribilità del futuro espresso. Il tenore di caffeina rimane quasi invariato e determinati elementi responsabili di odori sgradevoli nel caffè crudo scompaiono quasi del tutto. Allo stesso tempo, grazie al processo di pirolisi, ovvero la trasformazione interna del chicco, e all’interazione tra vari elementi, come gli zuccheri e le proteine, si ha la genesi di diverse centinaia di composti volatili, che si sprigionano con la torrefazione, ai quali è dovuto il particolare aroma del caffè” conclude Marco Bazzara.