Ristoranti aperti dal 26 aprile: da lunedì 26 aprile il Governo Draghi consente a bar e ristoranti di servire cibi e bevande in loco, e non più solo d’asporto, ma soltanto per i locali che hanno uno spazio all’aperto.
Dopo un 2020 che per i bar e i ristoranti italiani (e non solo…) è stato pesantemente segnato dall’emergenza Covid, con 27 miliardi andati in fumo rispetto al 2019, e con una crisi che finanziamenti e ristori sono riusciti soltanto in minima parte ad alleviare, i primi quattro mesi del 2021 non hanno visto un miglioramento della situazione. Ora, a partire dalla fine di aprile, si intravedono finalmente i primi spiragli per una ripresa del settore, con un piccolo allentamento delle regole per bar e ristoranti, in attesa che l’arrivo imminente della bella stagione e l’avanzare della campagna vaccinatoria consentano il prima possibile di poter ulteriormente ridurre obblighi e restrizioni.
A partire da lunedì 26 aprile i bar e i ristoranti – nelle zone gialle – possono riaprire al pubblico, ma con una regola non da poco (oltre, ovviamente, alle normative relative al distanziamento, all’uso delle mascherine e all’igienizzazione dei locali): le persone possono sedersi a mangiare e a bere soltanto all’aperto (per un massimo di quattro persone per tavolo, a meno che non siano conviventi, e con uno spazio di almeno due metri tra i tavoli), e non possono essere ospitate all’interno (e non possono neanche consumare cibi e bevande da asporto nelle adiacenze del locale, devono sedersi a un tavolo, all’aperto).
La buona notizia riguarda dunque soltanto quei locali che hanno la disponibilità di spazi all’aperto e dispongono di tavolini all’esterno, cioè soltanto la metà circa dei bar e ristoranti italiani. Secondo i dati Fipe, infatti, il 46,6% dei bar e dei ristoranti in Italia (percentuale che corrisponde a oltre 116mila locali) non dispone di spazi all’aperto, e la percentuale diventa molto più alta nei contesti urbani e nei centri storici delle grandi città.
Chi non ha spazi all’aperto potrà continuare a lavorare soltanto con l’asporto e con le consegne a domicilio, a meno che non riesca ad ottenere in extremis la concessione di spazi all’aperto da parte del comune (ed è questo il grande auspicio degli addetti ai lavori in questo momento: che i comuni mettano a disposizione provvisoriamente – il più possibile e il prima possibile – gli spazi pubblici, per consentire la riapertura di quei locali che non hanno – ad oggi – dei tavolini all’aperto) , mentre i bar e i ristoranti che hanno tavolini all’esterno possono riaprire a pranzo e a cena a partire dal 26 aprile, per il momento sempre con il coprifuoco dalle 22 alle 5 (non c’è al momento una data certa per l’abrogazione del coprifuoco), e tenendo comunque conto che in caso di pioggia non sarà facile gestire pranzi e cene perché i clienti – a norma di legge – non potranno, nemmeno in caso di pioggia, essere ospitati all’interno del locale.
Il direttore generale della Fipe, Roberto Calugi, ha commentato in questi termini la decisione del Governo Draghi sui ristoranti aperti dal 26 aprile: “nel complesso è mancato il coraggio. È ottima la decisione di permettere di lavorare anche la sera. Ci preoccupa, invece, la scelta che il pranzo sia inibito ai locali che non hanno spazi all’aperto, perché crea una discriminazione interna e un’ingiusta distinzione tra chi potrà riaprire e chi invece resterà in lockdown. Siamo consapevoli della situazione, ma il nostro è un settore al collasso, e non è un esercizio retorico, è la verità. E diventa difficile capire perché possano riaprire tutti con gli opportuni protocolli e i nostri locali debbano limitarsi alle riaperture all’aperto. Speriamo che si tratti di una misura breve. Lancio un appello ai Comuni perché mettano a disposizione tutti gli spazi, dai parcheggi ai marciapiedi. Dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori. Bisogna lavorare da subito a un protocollo di sicurezza sanitaria stringente, che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso e bisogna darci un cronoprogramma preciso, a partire dal 26 aprile. Non c’è più tempo da perdere. Nelle prossime ore chiederemo ad Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni, di collaborare con noi per spingere i sindaci a concedere il maggior numero di spazi esterni extra, in via del tutto eccezionale e provvisoria, agli esercizi che in questo momento ne sono sprovvisti. Sarebbe un bel segnale di unità e di voglia di uscire dal pantano tutti insieme“.
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