Accordo Jefta con il Giappone: è entrato in vigore, e avrà un importante impatto sul settore agroalimentare italiano, un nuovo trattato commerciale di libero scambio tra Unione Europea e Giappone.
Si chiama Jefta (Japan-Eu Free Trade Agreement), è stato firmato il 17 luglio 2018 a Tokyo ed è entrato ufficialmente in vigore il 2 febbraio 2019. E’ stato definito da alcuni con l’espressione “cars for cheese”, nel senso che per il Giappone il principale vantaggio è rappresentato dalla liberalizzazione sul mercato automobilistico dell’export giapponese in Europa, mentre per i Paesi Ue la grande opportunità è costituita da una serie di vantaggi per il settore agroalimentare.
Come nel caso del Ceta (il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada), l’opinione pubblica e gli operatori di settore hanno espresso giudizi opposti. In Italia, in particolare, è fortemente contraria al Jefta la Coldiretti, mentre hanno espresso grande soddisfazione – per i termini dell’eccordo – Confagricoltura e Cia (Confederazione italiana agricoltori). Con il Jefta le aziende europee del settore agroalimentare che esportano in Giapppone ottengono due vantaggi: l’eliminazione del 90% circa dei dazi e il riconoscimento e la tutela (ma in forme limitate e controverse, come vedremo tra poco) di alcuni prodottti Ue a denominazione d’origine (Dop e Igp).
L’eliminazione dei dazi è il punto più importante secondo i sostenitori del Jefta. I vini europei, che fino a questo momento erano soggetti in Giappone a dazi medi del 15%, con il Jefta vegono totalmente esentati dai dazi. E i dazi verranno progressivamente eliminati anche sui salumi e carni suine trasformate, scendono per le carni bovine – nell’arco di quindici anni – dal 38,5% al 9%, vengono eliminate (oggi sono del 30%), sempre progressivamente e nell’arco di quindici anni, per i formaggi a pasta dura, per alcuni formagggi freschi come la mozzarella è stata stabilita una quota di esportazioni a dazio zero, e l’esenzione tariffaria andrà ad estendersi anche alla pasta, ai dolci e ai prodotti a base di pomodori. Le opportunità per le aziende italiane del settore food sono evidenti: l’Italia già oggi (dati Cia pubblicati nel 2018 e relativi al 2017) esporta prodotti agricoli e alimentari in Giappone per un valore annuo di 1,4 miliardi (546 milioni di tabacco, 163 milioni di vino, 120 milioni di ortofrutta trasformata, 109 milioni di prodotti a base di carne, 106 milioni di olio di oliva, 87 milioni di prodotti da forno e 70 milioni di formagggi e prodotti lattiero-caseari), e nel caso dei formaggi l’Italia è in Giappone il primo fornitore europeo e il quinto a livello mondiale.
Diverso – e molto più controverso – è l’altro grande aspetto riguardante il settore alimentare dell’accordo Jefta con il Giappone: il riconoscimento sul mercato giapponese dei prodotti a denominazione d’origine (Dop e Igp). La Coldiretti ha sottolineato a questo proposito due problemi: i prodotti riconosciuti sono troppo pochi e la tutela è troppo debole. Le indicazioni geografiche italiane riconosciute sono solo 18 su 293, oltre a 26 vini e alcolici, ci sono marchi importanti tutelati ma molti altri rimangono al momento esclusi. Ad oggi le 18 denominazioni food tutelate dal Jefta sono: Aceto Balsamico di Modena, Aceto balsamico tradizionale di Modena, Asiago, Bresaola della Valtellina, Fontina, Gorgonzola, Grana Padano, Mela Alto Adige / Südtiroler Apfel, Mortadella Bologna, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Pecorino Toscano, Prosciutto di San Daniele, Prosciutto Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio, Zampone Modena. Tra i vini e liquori i prodotti tutelati dall’accordo Jefta con il Giappone sono – come dicevamo – soltanto 26, e precisamente: Asti, Barbaresco, Bardolino, Bardolino Superiore, Barolo, Bolgheri/Bolgheri Sassicaia, Brachetto d’Acqui / Acqui, Brunello di Montalcino, Campania, Chianti, Chianti Classico, Conegliano – Prosecco/ Conegliano Valdobbiadene – Prosecco/ Valdobbiadene – Prosecco, Dolcetto d’Alba, Franciacorta, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, Marsala, Montepulciano d’Abruzzo, Prosecco, Sicilia, Soave, Toscana/Toscano, Valpolicella, Vernaccia di San Gimignano, Vino Nobile di Montepulciano, Grappa.
Inoltre – come si è detto – la tutela per i prodotti a denominazione d’origine prevista dall’accordo Jefta con il Giappone è troppo blanda e non risolve il problema dell’Italian Sounding sul mercato giapponese, sia perché per sette anni si potranno comunque vendere imitazioni di produzione non italiana (per esempio un formaggio con marchio “Asiago” o “Gorgonzola” non Made in Italy), sia perché – anche in seguito – diventerà vietato utilizzare – per prodotti di imitazione – il nome completo (ad esempio Grana Padano o Pecorino Romano), ma potranno essere utilizzati in piena legalità i singoli termini della denominazione (per esempio “Grana”, “Romano”, Romano Cheese” e simili).
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