Si intitola “Il piatto forte è l’emozione. 50 ricette dal Sud al Nord” il nuovo libro della star dei fornelli Antonino Cannavacciuolo, in tutte le librerie dal primo marzo 2016.
Titolare e chef del Ristorante Hotel Villa Crespi di Orta San Giulio – settimo miglior ristorante italiano nella classifica comparativa 2016 delle guide di settore, seconda stella Michelin raggiunta nel 2006 e da allora sempre mantenuta, Antonino Cannavacciuolo è uno dei più importanti cuochi italiani, ed è noto al grande pubblico per le esperienze televisive da giudice nel reality Cucine da incubo e nel talent show MasterChef.
Dal primo marzo Cannavacciuolo è in libreria con il suo nuovo libro “Il piatto forte è l’emozione”, edito da Einaudi nella colana Stile Libero Extra. Nel libro ci sono 50 ricette originali che mescolano il meglio delle tradizioni gastronomiche italiane da Nord a Sud con il tocco del grande chef. Per ogni ricetta viene dedicato uno spazio al cosiddetto “impiattamento”, vero e proprio mantra della cucina contemporanea d’autore, in cui non si può prescindere dalla dimensione estetica del piatto. Anche se naturalmente l’importanza dell’attenzione all’immagine di ciò che si serve in tavola – oggi spasmodica – non rappresenta in sè nulla di nuovo, come spiega Cannavacciuolo: “come mi ha insegnato mio padre, tu sai che gli ingredienti sono buoni, sai che hai fatto tutto nel modo giusto, ma per invitare gli altri ad assaggiare la tua cucina” è necessario che “prima gliela fai mangiare con gli occhi”.
Accanto alle ricette, nel libro ci sono molti aneddoti, curiosità e storie sul mondo dei fornelli. Come nel capitolo “Il vino e il carattere dei cuochi”. Quando si fa la spesa per la cucina di alberghi e ristoranti – spiega Cannavacciuolo – tradizionalmente si tende spesso ad eccedere con le scorte di alcolici. Perché? Un tempo la necessità di avere scorte abbondanti di alcolici in cucina “si spiegava con l’esigenza di ‘lavare’ prodotti non più freschissimi”, ma “con l’invenzione dei moderni frigoriferi quel problema è da tempo superato”. E allora perché? La spiegazione data da Cannavacciuolo è molto semplice: “osservando meglio mi sono reso conto che il sovrappiù è spesso destinato al consumo del personale. Bisogna considerare che il mestiere del cuoco è molto duro, e venti, trent’anni fa lo era ancora di più, poichè gli ambienti di lavoro erano assai mano confortevoli e salubri di oggi: una bevuta qua e là tirava su il morale. Giustificare l’importanza dell’acquisto non era un problema. Venuta meno la necessità di coprire i cattivi odori, bastava inventarsi ricette ‘alla vodka’, ‘al vino’ e ‘alla birra’ “. Un fenomeno che viene criticato da Cannavacciuolo: “nei miei piatti l’alcol è poco presente, a meno che, ovvio, non sia un ingrediente vero e proprio, utile a esaltare invece che a nascondere i sapori. Chiariamolo, il vino mi piace, però non come strumento per dimenticare la fatica. Lo considero piuttosto il fedele compagno di viaggio in un’esperienza del gusto, un amico che non ti anticipa, ti segue“.
Ma quali sono le caratteristiche del cuoco di valore (oltre ovviamente alle conoscenze e alle capacità tecniche dietro ai fornelli)? Sono essenzialmente due, secondo Cannavacciuolo: la pazienza e il lavoro su tempi lunghi e “l’emozione” che dà il titolo al libro. Il lavoro sui tempi lunghi: “il lavoro del cuoco segue le stesse regole della lievitazione. Se la lievitazione dell’impasto è lenta, il pane rimane fresco più a lungo. Cucinare è un’attività che richiede tempo (…) e perché una nuova ricetta riesca davvero, bisogna farla almeno tre volte”. L’emozione: “fate in modo che la ricetta diventi vostra. E ricordate che una cosa non deve mai mancare nei vostri piatti: l’emozione. Se cucinando vi siete emozionati, i vostri ospiti se ne accorgeranno”.
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