La Birra Peroni diventa giapponese. Il gruppo nipponico Asahi ha acquistato il marchio dal gruppo Sab Miller, costretto a vendere per evitare contestazioni dall’Antitrust europeo.
Qui su Universofood abbiamo parlato molte volte della vendita ad aziende straniere dei marchi storici dell’agroalimentare italiano, un fenomeno che ha avuto una forte accelerazione negli ultimi anni culminando nell’ottobre del 2015 con la cessione di Grom a Unilever. Nel caso della Birra Peroni – storico marchio italiano nato nel 1846 a Vigevano – la vendita a investitori stranieri è già avvenuta nel 2003, quando Peroni è stata acquistata dalla multinazionale inglese Sab Miller. Ora – a febbraio 2016 – Sab Miller ha venduto il marchio Peroni al gruppo giapponese Asahi.
Perché? La vicenda ha inizio nel novembre del 2015 da un fatto che abbiamo raccontato dettagliatamente qui su Universofood: la maxi fusione da 90 miliardi tra Ab InBev e Sab Miller, cioè tra i primi due produttori mondiali di birra (la società belga Ab InBev – che con la fusione ha acquisito Sab Miller – è il primo produttore mondiale di birra, e controlla tra gli altri i marchi Bud, Corona, Stella Artois, Beck’s, Leffe, Hoegaarden, Franziskaner, Labatt, Spaten; la multinazionale inglese Sab Miller è il secondo produttore mondiale di birra, con – tra gli altri – i marchi Peroni, Nastro Azzurro, Bavaria, Miller, Foster’s, Pilsner Urquell). La maxi fusione (la terza acquisizione più grande di tutta la storia, dopo l’acquisizione di Mannesmann da parte di Vodafone nel 1999 e dopo l’acquisizione del 100% di Verizon Wireless da parte di Verizon Communications nel 2013) ha posto da subito problemi di Antitrust in tutto il mondo. In questo contesto si inserisce la vicenda della Birra Peroni: per evitare problemi con l’Antitrust europeo, Sab Miller ha messo in vendita il brand Peroni e il marchio olandese Grolsch, che vengono acquisiti entrambi dal gruppo nipponico Asahi per 3,5 miliardi di dollari.
Per la Peroni erano arrivate anche altre offerte, tra le quali quella del fondo Kkr, quella di Fraser and Neave (che fa parte di Thai Beverage) e quelle dei fondi fondi di private equity europei Pai Partners e Eqt. L’interesse per il marchio Peroni è una buona notizia per il nostro Paese perché significa che il brand Made in Italy funziona oggi sempre di più anche per la birra, un prodotto tradizionalmente secondario dell’agroalimentare italiano. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Coldiretti negli ultimi vent’anni sono triplicate le esportazioni di birra italiana, e sono cresciute del 17% nel 2015 (rispetto al 2014); la birra italiana oggi va forte anche nei Paesi storici produttori di birra, anche in Germania (+10% nel 2015) e in Gran Bretagna (+2%), e i consumi di birra sul mercato interno italiano sono in aumento (+6% nel 2015), con un consumo pro capite annuo di 29 litri, un dato ancora lontano da quello dei Paesi maggiori consumatori (come l’Austria con 107 litri o la Germania con 105 litri) ma in continuo aumento.
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