L’epidemia originatasi in Germania a causa del batterio E. coli, non ha tardato a mostrare i suoi drammatici effetti anche in ambito economico.
Nonostante l’infezione resti per ora circoscritta in territorio tedesco e il Ministro Fazio abbia già rassicurato i consumatori, si è già verificato in Europa, e dunque anche in Italia, un momentaneo crollo delle vendite di frutta e verdura.
A differenza di spagnoli e portoghesi , gli agricoltori italiani, non sono ancora scesi in piazza ma ieri, nei punti di ristoro autostradali, la Coldiretti ha distribuito cetrioli e altra frutta e verdura a chilometro zero per contribuire a ridurre il panico. E il presidente dell’Organizzazione, Sergio Marini, attacca: «L’Italia deve chiedere i risarcimenti alle competenti autorità europee per i danni economici subiti ingiustamente dai produttori di frutta e verdura nazionali per il crollo dei consumi provocati dalla diffusione di notizie, poi risultate infondate, sull’epidemia di Escherichia Coli, la cui causa è stata attribuita dalle autorità tedesche all’inquinamento di una partita di cetrioli provenienti dalla Spagna».
Secondo la Cia-Confederazione italiana degli agricoltori «i danni per l’ortofrutta italiana sono rilevanti, specie dopo il blocco all’import della Russia e la messa al bando di verdure e ortaggi in Germania. Finora tra blocchi alle frontiere, annullamento di contratti e calo dei consumi nazionali dovuti ad allarmismi infondati, il settore registra una perdita di oltre 25 milioni che potrebbero diventare oltre 100 nella prossima settimana se la situazione non si modificherà».
Secondo il presidenti Coldiretti «l’incertezza sta avendo effetti devastanti poiché oltre un cittadino europeo su tre evita di acquistare per un certo periodo i prodotti di cui ha sentito parlare nell’ambito di una emergenza relativa alla sicurezza alimentare, secondo l’indagine Eurobarometro». E Marini aggiunge: «L’unico pericolo certo che corre l’Italia è dunque il danno economico per i produttori agricoli per la grande reattività dei consumatori agli allarmi, veri o amplificati».
Il futuro di oltre 400 mila imprese agroalimentari, con più di 600 mila dipendenti, è dunque legato alla rapidità dell’accertamento delle cause che provocano la diffusione del batterio killer. Rapidità e chiarezza possono impedire che i timori diventino psicosi. Il presidente del Veneto ed ex ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia, che ieri ha Treviso ha mangiato una mega-insalata, calcola che ogni giorno l’Italia perda 3 milioni di euro al giorno e «il Veneto da solo almeno 600 mila».
Secondo una stima della Coldiretti i «danni provocati dalle psicosi nei consumi generati da emergenze alimentari, vere e presunte, che si sono verificate nell’ultimo decennio arrivano a quasi 5 miliardi». Solo la vicenda mucca pazza ha fatto perdere oltre 2 miliardi e poi c’è stata l’influenza aviaria con il crollo dei consumi di carne di pollo. Che fare, allora? Secondo Marini «le misure di prevenzione possono essere importanti». In questa direzione «particolarmente efficace si è dimostrata l’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della carne bovina in vendita. Una misura che è stata introdotta in Italia con successo anche per la carne di pollo nel 2005» anche se la «mancata estensione di tale provvedimento a tutti i prodotti agroalimentari ha certamente concorso ad aggravare i costi delle altre emergenze alimentari che si sono verificate nell’ultimo decennio».
Tutto vero, certo, ma secondo Confagricoltura adesso è «necessario che le autorità facciano chiarezza sulle cause dell’epidemia e sulla mutazione del batterio e sollecitino il governo tedesco a mettere in sicurezza la filiera alimentare». La Cia chiede l’immediata apertura di un tavolo straordinario presso il ministero e un deciso impegno del governo a livello Ue «per interventi a sostegno dei produttori colpiti dalla crisi».
(Da www.lastampa.it)