Il vino è uno dei prodotti di punta della nostra produzione alimentare ma, negli ultimi anni, mentre le esportazioni all’estero sono cresciute, i consumi nostrani sono rimasti stabili o in diminuzione. Come porre rimedio?
Quello che è certo è che in tempi di crisi la “scorciatoia” della leva prezzi non rappresenta la soluzione migliore. Scendere di qualità infatti non paga perché soltanto le imprese che si collocano nella fascia più alta hanno una redditività tale da assorbire la riduzione dei margini e vantano una capitalizzazione maggiore con un migliore equilibrio finanziario.
Il problema è stato affrontato nell’edizione da poco conclusa di Vinitaly 2011, nello studio Vinitaly/Confcommercio “Ma gli italiani amano ancora il vino? Le ragioni del consumo interno”.
La ricerca ha preso in esame sia un campione di consumatori rappresentativi della popolazione italiana, sia un panel di esperti del settore. Cosa è emerso?
Dal campione di consumatori emerge che:
…il vino si beve essenzialmente a casa, mentre il ruolo di ristoranti, pub ed enoteche è marginale per una buona fetta di consumatori. Appena il 40% degli italiani bere vino tutti i giorni; il 28,3% due, tre volte a settimana. Un terzo del campione beve vino assai più raramente. Analizzando …questi dati per classi di età emerge un consumatore abituale mediamente anziano, sopra i 50 anni;
…gli italiani dicono che il vino fa bene, che esprime soltanto valori positivi e non lo ritengono un prodotto di moda. Il vino rappresenta proprio l’italianità, il vino non è più un alimento, ma resta una parte fondamentale del nostro sentirci parte della comunità;
…gli italiani però ammettono di non conoscere il vino (la metà si giudica in materia totalmente incompetente) e che la marca è determinante nella scelta di acquisto solo nelle occasioni importanti;
…la maggioranza del campione non ha radicalmente modificato le proprie abitudini di consumo, ma il numero degli italiani che li ha ridotti, in generale per motivi di salute, è più del doppio di quanti invece hanno incrementato i consumi, il 22,4% contro il 9,8.
Per il panel di esperti:
…il percepito del vino coincide con i risultati della popolazione su temi quali salubrità, piacevolezza, valori positivi e rappresentazione dell’italianità. Negli ultimi anni il vino italiano è inoltre cresciuto in qualità andando anche verso una maggiore facilità di beva;
…nello stesso periodo il mondo del vino non ha parlato correttamente coi consumatori; ha usato un linguaggio elitario (anche nell’etichettatura); non ha investito sufficientemente in pubblicità e promozione, confermando di fatto l’abbandono del presidio sulle nuove generazioni più sensibili di quelle più anziane alla pubblicità e alla comunicazione; non ha coinvolto i consumatori nell’individuare i nuovi vini dando troppo ascolto agli enologi e ai critici. Quindi, paradossalmente, ha prodotto vini che vanno incontro ai cambiamenti recenti delle abitudini della società italiana dimenticandosi però di “avvisarla”.
Le soluzioni individuate dal panel di esperti per riconquistare il mercato interno sono essenzialmente quattro:
Raccontarsi ed aprirsi di più al pubblico;
Intercettare i nuovi pubblici: donne e giovani avviando la sostituzione dei consumatori attuali;
Investire di più in comunicazione e pubblicità, che invece è segnalata in calo da buona parte della stampa di settore presente nel panel degli intervistati;
Favorire le aggregazioni fra i produttori per superare i limiti di comunicazione e commerciali determinati dall’eccessivo frazionamento della produzione.
(Da www.beverfood.net)