Quale sarà l’impatto della Brexit sull’export alimentare italiano? Secondo le prime stime il danno potrebbe aggirarsi intorno al 14% in valore sul totale dei prodotti agroalimentari esportati nel Regno Unito dall’Italia nell’ultimo anno.
Da mesi gli analisti si interrogano sulle possibili conseguenze della Brexit – sancita poi dal referendum del 23 giugno 2016 – sull’economia del Regno Unito e degli altri Paesi europei. La società di analisi e previsioni economiche Prometeia ha elaborato un possibile quadro relativo specificamente all’export di prodotti agroalimentari dall’Italia. Un primo effetto della Brexit è ovviamente nell’immediato il deprezzamento della sterlina, che può essere affrontato dalle imprese italiane in due modi: rendendo più costose ma dunque meno appetibili le merci italiane sul mercato britannico, oppure assorbendo l’effetto valutario mantenendo invariati i prezzi ma perdendo in marginalità. In questo scenario di breve termine c’è sicuramente un effetto negativo per le aziende agroalimentari che esportano nel Regno Unito, ma al momento difficile da quantificare.
Si può invece provare a quantificare l’impatto negativo della Brexit sulle esportazioni alimentari italiane in uno scenario di medio termine, quando sarà completato l’iter per l’uscita definitiva del Regno Unito dall’Unione Europea, dunque tra uno o due anni. Una volta completato l’iter saranno probabilmente applicati i dazi Wto sulle merci importate nel Regno Unito dall’Italia, dazi che dovrebbero essere di poco superiori al 5% del valore esportato. Se le imprese italiane manterranno – come secondo Prometeia è probabile che facciano sul medio termine – invariati i prezzi facendosi carico dei dazi, la Brexit potrebbe costarci nel complesso più di un miliardo di euro di esportazioni, pari allo 0,25% dell’export italiano nel mondo. Nel caso dell’agroalimentare, applicando le tariffe medie di comparto ai flussi effettivi del 2015, il danno dovrebbe aggirarsi intorno ai 450 milioni di euro, pari al 14% delle esportazioni agroalimentari italiane verso il Regno Unito nell’anno 2015.
Un caso particolare è quello del vino, che potrebbe essere colpito da dazi più alti, fino a oltre il 30% del prezzo. Per gli operatori di settore in questo caso la preoccupazione è maggiore, come ha spiegato il presidente di Federvini Sandro Boscaini: “il Regno Unito rappresenta per il vino italiano il terzo Paese di esportazione e, rispetto a quanto accaduto, siamo davanti ad un rischio reale e concreto di vedere ridefinite quote di mercato e player in un momento in cui il nostro Paese ha conquistato importanti risultati nella crescita in valore del vino italiano all’estero”.
C’è invece ottimismo in Federalimentare. Il presidente Luigi Scordamaglia ha commentato in questi termini la Brexit: “l’export agroalimentare italiano verso il Regno Unito continuerà a crescere, e anche la politica agricola europea non potrà che rafforzarsi con l’uscita di un Paese che spesso si è opposto ad un miglioramento degli standard dei prodotti verso i livelli elevati su cui ha sempre puntato l’Italia”.