Si sta parlando molto in questi giorni di “ritorno al 1959”, perché il tasso di inflazione medio annuo del 2015 (+0,1%) è il più basso dal 1959 ad oggi. Non è così per il settore alimentare, che con un’inflazione a +1,1% supera di undici volte il dato medio.
Il dato Istat sull’inflazione in Italia nel 2015, che indica un aumento medio soltanto dello 0,1% dei prezzi al consumo rispetto al 2014, preoccupa tutti gli analisti perché è il dato peggiore dalla deflazione del 1959 (-0,4%) e sta ad indicare che i consumi non ripartono. Guardando però ai diversi dati, scopriamo delle differenze significative dietro alla media dello 0,1%: il settore dei trasporti è in deflazione a -2,7%, come anche il settore delle comunicazioni (-1,1%) e il settore abitazione-acqua-elettricità-combustibili (-0,8%); i prezzi al consumo in ricreazione-spettacoli-cultura crescono dello 0,2%, e salgono dello 0,4% in mobili – articoli e servizi per la casa, abbigliamento e calzature, servizi sanitari – spese per la salute. Va meglio invece nel food & beverage: i prezzi al consumo dei prodotti alimentari nel 2015 sono aumentati dell’1,1% rispetto al 2014, sono aumentati del 2,7% nel settore alcolici e tabacchi, e sono cresciuti dell’1,3% nei servizi ricettivi (alberghi) e di ristorazione.
Il fatto che l’inflazione alimentare sia di undici volte superiore al dato medio nazionale indica una tenuta dei consumi alimentari, che nel 2015 sono cresciuti dello 0,3% rispetto al 2014, dopo sette anni consecutivi di contrazione. Gli italiani nonostante la crisi non rinunciano alla buona tavola, come mostra anche la crescita del 6% della spesa alimentare del Natale 2015 rispetto al Natale 2014. L’aumento dei prezzi al consumo non si traduce tuttavia in una crescita dei margini per i produttori agricoli e gli allevatori, permane il problema dei prezzi all’origine troppo bassi e secondo la Coldiretti “l’andamento dei prezzi alimentari riflette è anche il risultato delle distorsioni che ancora esistono nel passaggio dei prodotti dal campo alla tavola, con i prezzi che aumentano in media più di cinque volte”.