Quale il futuro della PAC 2013 e della produzione zootecnica?
Oltre 250 persone hanno assistito ai lavori del convegno nazionale sul futuro organizzato a Padova, il 28 aprile, da Fedagri Confcooperative in collaborazione con Azove.
Preoccupazione e voglia di incidere in modo forte e positivo sulle future politiche agricole hanno animato il corso dei lavori perché, a fronte di un cauto ottimismo basato su alcuni segnali positivi dei mercati, è forte il senso di oppressione della burocrazia che si teme possa aumentare con la nuova Pac e che vengano meno gli aiuti fin’ora garantiti al comparto.
L’analisi si è soffermata in particolare su tre aspetti: il mercato, la politica agricola comunitaria e lo stato di salute della zootecnia da carne in Italia. Secondo Paolo De Castro, presidente della Commissione europea agricoltura, “Gli allevatori devono essere consapevoli che la riforma Pac non ci consentirà di mantenere livelli di aiuti diretti differenziati per settore. Per questo occorre trovare nuovi strumenti per salvaguardare le carni bovine, da ricercare attraverso i risparmi attivabili elevando i limiti minimi per accedere ai contributi oltre che da meccanismi nuovi simili all’attuale “articolo 68″ che prevede premi specifici per alcune filiere”. Per Giuseppe Borin, presidente Consulta bovina Fedagri , “alla Pac chiediamo il mantenimento del budget e la giusta attenzione alla distribuzione tra Paesi: attualmente l’Italia paga più di quanto riceve dall’Europa. E’ fondamentale inoltre che vengano mantenuti gli aiuti a titolo speciale, con parametri da individuare quali la consistenza dei capi o la perdita del reddito. Il passaggio dovrà essere graduale individuabile nei 3 o 5 anni ipotizzati”.
I dati
In Italia il consumo di carne bovina, dopo la forte crisi del biennio 2008-2009, fa registrare un avvio di ripresa, con una ripresa anche nelle importazioni delle carni fresche e refrigerate e un aumento dell’esportazione delle carni italiane congelate.
In media hanno guadagnato le grandi aziende e in genere le realtà organizzate in filiera fino al consumo, perdono invece le aziende più piccole e comunque non organizzate in filiera. Nel mondo cresce la domanda di carni bovine e cresce l’offerta di Asia a e America latina.
L’Unione Europea registra invece una leggera flessione e in Italia il calo negli ultimi 10 anni è del 10%. Nel nostro Paese gli animali da meno di 1 anno a più di 2 anni sono 6.100.000 suddivisi al 72% al Nord, il 20% al Sud e solo l’8% al Centro. Oggi l’Europa importa circa il 45%-50% del fabbisogno. Dati Ismea testimoniano come il 51% del valore lungo la filiera produttiva sia intercettato dalla distribuzione, il 24% dalla materia prima, il 13 % dall’industria e il 12% dall’importazione. A pesare nella produzione sono inoltre: norme igienico sanitarie più rigide, burocrazia, elevati costi strutturali e di investimento e l’elevato fabbisogno di capitale circolante.
(Da www.aiol.it)
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