Il terribile terremoto accaduto in Giappone e il conseguente rischio nucleare minacciano la catena alimentare? E l’Italia è a rischio?
Il timore, per quanto riguarda il paese nipponico, è drammatico e fondato: le sostanze radioattive che si propagano nell’aria da Fukushima potrebbero contaminare infatti acqua e alimenti, facendo lievitare il rischio tumori.
Il materiale radioattivo viene trasportato da minuscole gocce che compongono l’umidità nell’aria. Può essere direttamente inalato nei polmoni, cadere a terra o in mare con la pioggia e contaminare coltivazioni, fauna marina e acqua potabile. Molto vulnerabile è il latte di mucca, spiegano gli esperti, se il bestiame mangia foraggio esposto a radiazioni.
Purtroppo è ancora presto per dare una risposta definitiva sulla situazione giapponese: solo l’evolversi degli eventi e le analisi degli esperti su ciò che è accaduto daranno una risposta. Per quanto riguarda invece il nostro Paese, gli esperti rassicurano e, se inizialmente, era stato decretato un blocco delle importazioni dal Giappone, questo è stato quasi subito ritirato.
«Niente rischi per gli italiani a tavola poiché gli arrivi di prodotti agroalimentari dal Giappone sono del tutto marginali per un importo che nel 2010 ha raggiunto solo i 13 milioni di euro, appena lo 0,03% dell’import agroalimentare totale del nostro paese che nello stesso anno è stato pari a 36.346 milioni». È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sul commercio estero con il Giappone, gravemente colpito dalla grave tragedia del terremoto e dall’incubo della contaminazione nucleare per la radioattività, con il crollo in borsa delle società nipponiche quotate che operano nell’alimentare.
«Peraltro le importazioni – sottolinea inoltre la Coldiretti – riguardano per ben 3 milioni di euro piante e fiori che non sono destinate a fini alimentari mentre si rilevano arrivi praticamente irrisori, nell’ordine, di semi oleosi, bevande alcoliche, oli vegetali, prodotti dolciari, pesce e thè. Molto più rilevanti sono le spedizioni di prodotti agroalimentari made in Italy nel Paese del Sol Levante che potrebbero essere colpiti dagli effetti della tragedia sull’economia nipponica».
«A rischio ci sono piuttosto le esportazioni agroalimentari nazionali che nel 2010 hanno fatto segnare un valore 536 milioni di euro, in aumento del 2% rispetto all’anno precedente. Il prodotto più esportato in valore è – rileva la Coldiretti – il vino con oltre 102 milioni di euro, seguito dalla pasta per 82 milioni, dalle conserve di pomodoro con 70 milioni, dall’olio di oliva con 69 milioni e dai formaggi con 41 milioni di euro».
Pare dunque che, per quanto concerne la contaminazione radioattiva, l’Italia possa stare relativamente tranquilla: di conseguenza non ci si può che augurare che, con l’evolversi degli eventi, anche per il Giappone, sia lo stesso.
(Da www.diariodelweb.it)