Si è tenuto settimana scorsa a Palermo il quarto Forum sul settore vitivinicolo promosso dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori, dove si è sviluppato un articolato confronto fra i vari attori del “pianeta vino” e dove sono state illustrate le proposte e le iniziative per aprire nuove prospettive ai produttori, oggi in affanno. Cosa è emerso?
Innanzitutto si può dire che il vino “made in Italy” torna a respirare sui mercati mondiali, ma a livello nazionale ancora troppi problemi condizionano pesantemente il settore e soprattutto i vitivinicoltori fanno i conti con i prezzi delle uve in caduta verticale (in alcune zone si produce, addirittura, sotto costo e i riflessi negativi sui redditi sono evidenti) e con costi in crescita. Non solo. Continua a sussistere nel comparto molta frammentazione e l’anello più debole della filiera sono gli agricoltori.
I consumi, dopo l’exploit degli anni passati, segnano il passo. Soprattutto il prodotto sfuso registra accentuate flessioni, mentre tiene quello imbottigliato e di qualità. Un quadro che mostra non poche ombre sul quale, quindi, bisogna al più presto intervenire attraverso nuove e più incisive strategie sia sul fronte della commercializzazione e della promozione per ridare vigore e slancio a uno dei principali pilastri del nostro sistema agroalimentare con una produzione di oltre 45 milioni di ettolitri e un fatturato che si avvicina ai 13 miliardi di euro (3 miliardi solo l’export).
Il Forum ha permesso dunque di focalizzare nel dettaglio l’attuale situazione, dopo l’attuazione dell’Ocm, e di indicare le vie da percorrere per una nuova e più efficace politica per il settore. Due le leve principali sulle quali poggiare: una maggiore aggregazione di filiera e relazioni più strette con la Grande distribuzione organizzata (Gdo), che ormai detiene oltre il 50% della commercializzazione del vino in Italia; una valida promozione che esalti la qualità del prodotto “made in Italy” e dia un’immagine positiva e propositiva del nostro vino e delle sue specificità territoriali.
D’altra parte, proprio l’organizzazione di filiera mostra una scarsa vocazione all’interprofessionalità e una notevole frammentazione. Il ruolo dei Consorzi, cresciuto nel corso degli ultimi 50 anni, segna una battuta d’arresto. In questo caso la parola d’ordine è modernizzare, sviluppando strategie di riorganizzazione per consolidare la tecnica commerciale del sistema Italia. Di contro nella politica di promozione si riscontrano evidenti squilibri che alla fine danneggiano in particolare i piccoli produttori. Dal Forum Cia è emersa linfine a necessità di una maggiore semplificazione e una riduzione del carico burocratico che impegna eccessivamente gli operatori del settore; di assicurare che nella implementazione del nuovo schedario vitivinicolo non si inneschino meccanismi punitivi per le imprese ed i viticoltori; di garantire trasparenza e “governance” nella continuità; di investire in professionalità; di rendere più incisivi i fondi Ue per la promozione; di sospendere una guerra non dichiarata ma perseguita sui prezzi pagati ai produttori delle uve, che nel corso degli ultimi anni hanno visto il reddito ridursi progressivamente con una spiccata tendenza alla opportunità di estirpazione o abbandono. Un pericolo che va scongiurato in modo da evitare che, proprio attraverso l’abbandono, ci siano non solo conseguenze economiche, ma anche sul paesaggio e sul territorio, elementi importantissimi per il vino di qualità “made in Italy”.
(Da www.italiaatavola.net)
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