Il contributo dei lavoratori immigrati all’agricoltura italiana è fondamentale. E nonostante la Crisi, gli ultimi dati diffusi dalla Coldiretti segnalano un aumento della manodopera straniera nei campi.
Più volte abbiamo scritto qui su Universofood (in particolare qui e qui) dell’importanza degli immigrati nei lavori agricoli. Nel 2011 per la prima volta negli ultimi decenni c’era stato un calo degli immigrati nei campi, e si era parlato e si parla tuttora – correttamente – di un ritorno al settore agricolo dei giovani italiani. Ma l’apporto degli immigrati all’agricoltura italiana – in particolare nella vendemmia e nella raccolta di frutta e verdura – resta indispensabile, e torna a crescere sul piano numerico. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Coldiretti a novembre 2013 e relativi al 2012 i lavoratori stranieri nei campi crescono del 3% (nel 2012 rispetto al 2013), e l’apporto del lavoro straniero in Italia rappresenta ormai il 25% del totale delle giornate di lavoro dichiarate dalle aziende agricole.
Il 53,8% degli immigrati impiegati in agricoltura lavora nell’ambito della raccolta della frutta e della vendemmia, il 29,9% nella preparazione e raccolta di pomodori, ortaggi e tabacco, il 10,6% nelle attività di allevamento, il 3,2% nel florovivaismo, il 3,5% in altre attività come agriturismi e vendita diretta dei prodotti. L’età media dei lavoratori immigrati impegnati in agricoltura è di 35 anni e mezzo, e il 72% di essi è di sesso maschile. I primi 12 paesi di provenienza (che rappresentano l’87,2% del totale dei lavoratori stranieri) sono, nell’ordine: la Romania (117.240 lavoratori impiegati nel settore agricolo italiano), l’India (27.789 lavoratori), il Marocco (26.220), l’Albania (24.624), la Polonia (20.423), la Bulgaria (15.100), la Tunisia (12.445), la Slovacchia (9.893), la Macedonia (9.235), il Senegal (5.738), la Moldavia (5.478), l’Ucraina (4.722). Dal punto di vista della distribuzione territoriale le prime 15 provincie italiane per numero di lavoratori stranieri (che assorbono il 50,6% della totalità degli stranieri impiegati in agricoltura) sono, nell’ordine: Foggia (6,4%), Bolzano (5,7%), Verona (5,3%), Trento (4,2%), Latina (4%), Ragusa (4%), Cuneo (3,3%), Cosenza (2,8%), Salerno (2,7%), Ravenna (2,6%), Reggio Calabria (2,2%), Forlì-Cesena (2%), Matera (1,9%), Brescia (1,8%), Ferrara (1,8%).
Questo il commento della Coldiretti (che ha lanciato di recente il primo campus per i lavoratori agricoli immigrati): “ci sono dei distretti produttivi di eccellenza del Made in Italy che possono sopravvivere solo grazie al lavoro degli immigrati, dalle stalle del nord dove si munge il latte per il Parmigiano Reggiano alla raccolta delle mele della Val di Non, dal pomodoro del meridione alle grandi uve del Piemonte. I lavoratori stranieri contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo, su un territorio dove va assicurata la legalità, per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale”.
Secondo la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori “i dati in aumento sull’occupazione immigrata in agricoltura confermano, ancora una volta, il fatto che si tratta di una componente strutturale e irrinunciabile della manodopera del settore, e che l’agricoltura, anche in tempi di crisi, è una risorsa preziosa per l’economia del nostro paese. Ciò significa che ora occorre proseguire con sempre più convinzione sulla strada della semplificazione e con azioni mirate a favorire l’ingresso e l’integrazione degli stranieri, che anche in termini demografici sono vitali per la società italiana. Insomma, semplificazione per l’inserimento lavorativo e integrazione sono la strada giusta. Siamo alla vigilia del nuovo anno e degli incontri istituzionali che si svolgeranno tra associazioni e ministeri competenti per la discussione sui flussi 2014. E’ senz’altro positivo che gli incontri a livello nazionale siano stati preceduti da diffuse consultazioni territoriali poiché ciò rappresenta da parte del ministero del Lavoro un segnale di forte attenzione alle esigenze reali delle imprese e del territorio. Ferma restando l’ovvia necessità di considerare la crisi occupazionale in atto come il contesto obbligatorio da cui partire, è, comunque, opportuno, comprendere che il fabbisogno di manodopera straniera resta ancora forte da parte delle imprese agricole. Occorrerà, quindi, molto buon senso per trovare soluzioni equilibrate che non mettano a rischio la già difficile situazione vissuta dal nostro settore”.
(Luigi Torriani)