I dati Istat sul reddito delle famiglie nel secondo trimestre 2011 fotografano un evidente calo del potere di acquisto degli italiani. Nel comparto alimentare spiccano il meno 6% negli acquisti di carne e il meno 5% negli acquisti di pesce. Se abbiniamo questi dati a un’indagine di Federconsumatori che segnala un calo del 50% delle cene nei ristoranti, la domanda sorge spontanea: cosa mangiamo? Come e dove mangiano gli italiani ai tempi della crisi? Che cosa si muove negli spazi di mercato rimasti liberi? Quali nuove tendenze prendono piede nelle abitudini alimentari degli italiani?
I dati Istat segnalano per i primi mesi del 2011 una riduzione dei consumi a tavola pari in media all’1,5%. Crolla il pane (meno 9%), cala la pasta (meno 4%) e perdono anche la frutta (meno 3%) e il latte fresco (meno 2%). Ma colpiscono in particolare i drastici cali di carne (meno 6%) e pesce (meno 5%). Inoltre – secondo Federconsumatori – si dimezzano le cene al ristorante, che negli ultimi nove anni sono scese precisamente del 50% (3 volte al mese nel 2002, 1,5 nel 2010) e continuano a scendere.
Ma ‘per ogni men c’è sempre un più’, come direbbe il mago Merlino della Spada nella Roccia. Un primo aspetto delle abitudini alimentari degli italiani è la crescita dei prodotti biologici, che segnano un +12% nel primo quadrimestre del 2011 e che registrano una spesa triplicata negli ultimi dieci anni (dati Ismea-Ac Nielsen). E aumentano del 30% gli acquisti diretti dal produttore (cantine, malghe, frantoi, mercati, e simili).
Un fenomeno – quest’ultimo – che viene segnalato anche su Topolino, che è uscito in edicola con una storia sui mercati agricoli a kilometro zero sulla quale Coldiretti esprime grande apprezzamento in uno degli ultimi comunicati stampa. Perfino Paperone si fa convincere da Qui, Quo e Qua ad acquistare i sani ed economici prodotti coltivati nelle terre intorno a Paperopoli (prodotti che oltretutto “evitano lunghi viaggi inquinanti per il trasporto”). A questo punto, Paperone, conquistato dal biologico e inoltre preoccupato per i cali di vendita dei suoi supermercati, decide di imitare i produttori locali (tra i quali Nonna Papera) e di darsi anche lui al famer’s market. Lo stesso fa il rivale Rockerduck. Solo che entrambi finiscono ben presto con il forzare i limiti dei ritmi naturali per produrre sempre di più e su scala industriale. Il prodotto diventa quindi scadente, e i consumatori ritornano tutti al mercato cittadino. Morale della favola? Viva i prodotti a km zero e gli acquisti low cost direttamente dai (piccoli) produttori. Una tendenza che di fatto è in atto da tempo anche nel nostro Paese, oltre che a Paperopoli.
Aspetto ristoranti. Anche qui – naturalmente – al meno corrispondono dei più. Calano le cene degli italiani nei ristoranti (meno 50%) ma crescono le vendite di libri di cucina (+87,4%), e cresce l’interesse per programmi televisivi sulla cucina e food blog (dati Nielsen). D’altronde tutti ricordano il recente – clamoroso – successo dei libri di Benedetta Parodi (“Cotto e mangiato” e “Benvenuti nella mia cucina”), rimasti per mesi nell’hotbook settimanale (cioè nella top ten dei libri più venduti), il che indubbiamente è piuttosto inusuale per un libro di ricette. Ed è in ascesa anche il successo dei corsi di cucina, fenomento tradizionalmente di nicchia.
Gli italiani, dunque, diventano sempre di più dei cuochi a casa loro, degli chef casalinghi. Soprattutto, come da tradizione, le donne, che nell’84% dei casi amano dedicarsi alla buona cucina. Ma cresce inarrestabile anche la percentuale degli uomini (43%) che si dilettano ai fornelli e si occupano regolarmente della cucina di casa.
(Luigi Torriani)