La Commissione Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare dell’Unione Europea ha bocciato il sistema dell’etichettatura nutrizionale (etichettatura “a semaforo”), contestandone la validità scientifica. La battaglia contro le etichette a semaforo vede in prima fila l’Italia.
Dal 2016 dovrebbe scattare per tutti i Paesi europei l’obbligo dell’etichettatura nutrizionale, cioè l’obbligo di indicare in etichetta – per ogni alimento – le informazioni sull’apporto calorico e sul valore energetico. Ma c’è un ampio fronte europeo che è contrario all’etichettatura nutrizionale, e che vede in prima fila l’Italia.
L’etichettatura nutrizionale più conosciuta è quella “a semaforo”, introdotta in Gran Bretagna nel 2013. L’etichetta a semaforo funziona così: ogni alimento viene classificato e deve essere presentato in etichetta come più o meno salutare in base al contenuto di grassi, sale, zucchero, calorie per 100 grammi di prodotto; se per esempio la materia grassa è superiore a 17,5 grammi il prodotto alimentare non è “salutare” e l’etichetta riporta un semaforo rosso, se la materia grassa è compresa tra 17,5 grammi e 3 grammi scatta il semaforo giallo-arancione, mentre se la materia grassa è inferiore ai 3 grammi l’alimento è “salutare” e viene indicato in etichetta con il semaforo verde.
Nell’ottobre del 2014 l’Unione Europea ha aperto una procedura d’infrazione contro il governo britannico per il sistema dell’etichettatura a semaforo, considerato fuorviante perché pone una stretta e univoca equazione tra cibo non salutare e contenuto in grassi, sale, zucchero e calorie, e perché – anziché limitarsi a suggerire un “consumo moderato” di certi cibi – li considera sempre e comunque “malsani”.
Ora – a marzo 2015 – la Commissione Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare dell’Unione Europea, con 50 voti a favore e 18 contro, chiede più in generale che venga ridiscusso il sistema delle etichette nutrizionali, considerato privo di fondamento scientifico. A guidare la richiesta sono stati i delegati italiani del Pd Simona Bonafè, Renata Briano, Massimo Paolucci, Damiano Zoffoli e Nicola Caputo. Il problema di fondo dell’etichettatura nutrizionale è che mette l’accento esclusivamente su alcuni aspetti quantitativi (quantità di grassi, sale, zucchero e calorie), obliterando completamente gli aspetti qualitativi del prodotto. Per esempio: in base all’etichettatura nutrizionale potrebbero risultare “salutari” cibi o bibite industriali light (poveri di grassi ma ricchi di conservanti, edulcoranti e aromatizzanti) e potrebbero risultare “non salutari” prodotti Dop e Igp di grande tradizione e di altissima qualità gastronomica (Parmigiano Reggiano, Grana Padano, prosciutto San Daniele, Prosciutto di Parma, grandi oli extravergine di oliva,…), di cui certamente non bisogna avere un consumo eccessivo perché sono prodotti molto calorici o ricchi di grassi e sale ma che è insensato definire senz’altro “non salutari” o addirittura in qualche modo “inferiori” a prodotti industriali di bassa qualità.
(Luigi Torriani)