È scattato lunedì 15 settembre il fermo pesca per il Tirreno. Una misura considerata importantissima per ragioni ecologiche, ma forse con un impatto troppo pesante sul settore ittico italiano, già duramente provato dalla Crisi: per 42 giorni è vietata la pesca nel mar Tirreno a tutte la barche con sistemi a traino. E non mancano – sempre più pronunciati – i malumori e le proteste degli operatori di settore.
Qui su Universofood abbiamo seguito fin dall’inizio la questione del fermo pesca in Italia, una misura che è stata introdotta per ragioni ecologiche: per troppi anni i mari italiani sono stati sovrasfruttati, e il blocco temporaneo della pesca serve ad agevolare il ripopolamento degli stock ittici (accanto ad altre misure legislative a scopi ecologici introdotte negli ultimi anni, come la licenza a punti per la pesca e la riforma della PCP- Politica Comune della Pesca). Il fermo pesca nasce nel 2011, con la cosiddetta Bozza Tremonti, diventa operativo nel 2012, e continua ad essere applicato nel 2013 e – ora – nel 2014.
Il fermo pesca blocca temporaneamente la pesca con tutte le barche con sistemi a traino. Restano dunque legali in quel periodo le altre tipologie di pesca, che però consentono soltanto un consumo famigliare o comunque locale, molto limitato. Per l’anno 2014 il fermo pesca è stato già applicato al Nord Adriatico (da Trieste a Rimini) nel periodo 28 luglio- 5 settembre, e all’Adriatico del Sud (da Pesaro a Bari) dall’11 agosto al 21 settembre. Ora è la volta del Tirreno, con un fermo pesca della durata di 42 giorni, che è partito il 15 settembre.
Ma non mancano i malumori. Questa la dichiarazione di Coldiretti Impresa Pesca a commento del fermo pesca 2014 nel Tirreno: “si tratta di un fermo che si apre tra le polemiche. Durante i mesi estivi il maltempo ha ridotto al minimo l’attività di gran parte della flotta tirrenica, impossibilitata ad uscire in mare a causa delle cattive condizioni meteorologiche. A ciò vanno aggiunti i 15 giorni di blocco forzato a cui le marinerie toscane e liguri sono state costrette dalle manovre militari della Nato, a maggio. Si può pertanto dire che un fermo delle attività sia stato già effettuato e il nuovo stop va a penalizzare ulteriormente la flotta tirrenica. Ad aumentare la tensione nei porti è inoltre il mancato pagamento dei fondi per il fermo pesca e per la cassa integrazione dei marittimi dello scorso anno, oltre al fatto che ci sono alcune aziende che devono ancora ricevere gli indennizzi per il 2012. Crescono dunque le difficoltà per una flotta di pescherecci italiana che negli ultimi 30 anni ha già perso circa il 35 per cento delle imbarcazioni e 18.000 posti di lavoro. Oltre ai problemi per i produttori, con il fermo pesca aumenta peraltro anche il rischio per i consumatori di ritrovarsi nel piatto grigliate e fritture, soprattutto al ristorante, con prodotti stranieri o congelati, se non si tratta del pesce fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca (come la parte Nord dell’Adriatico, dove il blocco è appena terminato) o proveniente dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare. Per valorizzare il pesce pescato e allevato nel nostro Paese mediante la creazione di una filiera ittica tutta italiana che tuteli la qualità e l’identità nazionale del prodotto Coldiretti Impresa Pesca ha avviato iniziative pilota per la vendita diretta del pesce presso la rete di Campagna Amica”.
(Luigi Torriani)