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Export. La Cina apre ai salumi cotti italiani

salumi cotti italiani

La Cina apre i confini ai prosciutti cotti italiani. Una decisione storica che nel breve periodo potrebbe già valere oltre 25 milioni di euro per il nostro Paese. Ma restano alcune restrizioni che si cercherà di superare al più presto.

 

 

 

Fino a marzo 2014 era vietata l’importazione in Cina dei prosciutti cotti italiani. Ora – a un anno di distanza dalla definitiva conclusione dell’embargo statunitense sui salumi italiani – la Cina elimina in parte le barriere sull’import dei nostri salumi. Le trattative tra Italia e Cina sui prosciutti sono iniziate nel 2004, e hanno portato nel 2008 al via libera per i prosciutti crudi stagionati almeno 313 giorni (restano quindi esclusi molti salami, coppe e pancette). Ora, ad aprile 2014, la Cina apre anche ai prosciutti cotti italiani (prosciutto cotto, mortadella, cotechini, e altri salumi di suino trattati termicamente). Si tratta per il momento di un’apertura parziale, limitata a un primo gruppo di aziende selezionate e approvate dalle autorità sanitarie cinesi e dai servizi veterinari di Pechino, in attesa – molto probabilmente – di un’apertura totale a breve termine.

 

Il mercato cinese sta avendo negli ultimi anni una crescita impressionante (soprattutto, ma non solo, nel settore del vino e per quanto riguarda viaggi e turismo), al punto che l’Unione Europea nel 2012 ha dovuto siglare con il gigante asiatico un accordo sul reciproco riconoscimento dei prodotti alimentari tipici (nonostante gravi perplessità in materia di diritti umani, e di concorrenza e sicurezza alimentare). Nel caso che qui ci interessa, parliamo – per i prosciutti crudi stagionati almeno 313 giorni – di un export dall’Italia che nel 2013 è stato di 59,7 tonnellate per un giro d’affari di circa 700.000 euro. E per i prosciutti cotti i numeri sono molto più alti: secondo le stime di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) una completa apertura dell’export dei prosciutti cotti italiani in Cina potrebbe far cresce l’export di almeno 25 milioni di euro (il calcolo di Assica – in estrema sintesi – è questo: nel 2013 sono stati esportati oltre 5 milioni di euro di prosciutti cotti italiani a Hong Kong; si ottiene 25 milioni moltiplicando il dato di Hong Kong per 5, che sono le principali aree di penetrazione commerciale cinese: tre municipalità – Shanghai, Pechino e Tianjin – e due province – Zhejiang e Guangdong.

 

Si tratta dunque di una decisione storica, ma al momento ancora parziale, come spiega la presidente di Assica Lina Ferrarini: “questa è una apertura significativa, sebbene purtroppo ancora limitata, per le nostre Aziende. Ringrazio il Ministero della Salute, e in particolare il Dipartimento della Sanità Pubblica Veterinaria, la Nutrizione e la Sicurezza Alimentare, per il continuo impegno e per le specifiche negoziazioni con le autorità sanitarie cinesi. I nostri prossimi traguardi sono due: di riportare a breve le Autorità cinesi in Italia per una nuova missione al fine di ottenere l’autorizzazione ad esportare per altre aziende italiane, e di ampliare la gamma esportabile agli altri prodotti a base di carne suina stagionati, quali salami, coppe, pancette, nonché l’esportazione di carne suina fresca“.

 

Secondo la Coldiretti l’apertura cinese ai prosciutti cotti italiani può un’importante punto a nostro favore anche sul piano della lotta all’Italian Sounding, ma a patto che nel nostro Paese riesca a contrastare con più efficacia il fenomeno del falso Made in Italy (sarebbe davvero paraddosale importare materie prime dalla Cina e rivendere poi il prodotto finale come “italiano” nella stessa Cina!): “il via libera da parte della Cina all’importazione di cotechini e mortadella Made in Italy sostiene un trend che nel 2013 ha visto gli acquisti di prodotti agroalimentari italiani nel gigante asiatico aumentare del 13 per cento in valore rispetto all’anno precedente, salendo a quota 342 milioni di euro. Sino ad oggi le esportazioni di salumi e di preparazioni di carne hanno rappresentato una componente minimale rispetto al volume complessivo del cibo tricolore e il via libera a mortadelle e cotechini contribuirà ad aumentare ulteriormente le vendite in Cina, dove il prodotto del belpaese più amato è oggi il vino, davanti all’olio d’oliva. Ma il via libera contribuirà anche a porre un freno al fenomeno dell’italian Sounding e all’affermazione di finti prodotti made in Italy favorita proprio dall’embargo su quelli veri. Affinché l’apertura del mercato asiatico porti degli effettivi vantaggi all’economia nazionale occorre però anche che la filiera suinicola nazionale sia messa in trasparenza, evitando di spacciare per made in Italy salumi fatti con maiali tedeschi o olandesi. Una situazione favorita dall’inerzia dell’Unione Europea che, nonostante gli allarmi sanitari, non intende ancora estendere con un regolamento l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della carne di maiale impiegata nei salumi, al pari di quanto è stato fatto con quella bovina dopo l’emergenza mucca pazza”.

 

(Luigi Torriani)

 

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