È arrivata sul mercato nordamericano una novità che sta già facendo discutere: la mela ogm che “non invecchia”, ovvero anche a distanza di settimane da quando viene tagliata e sbucciata non imbrunisce e mantiene un aspetto sempre fresco.
Abbiamo parlato più volte qui su Universofood del fallimento degli ogm in Europa, dall’annunciato ritiro di Basf e Monsanto al divieto totale del mais ogm in Italia (a seguito del caso Giorgio Fidenato) fino all’autorizzazione annullata per la patata Amflora. Ben diversa è la situazione del mercato nordamericano: mentre in Europa sono solo cinque i Paesi coltivatori di ogm (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) e il Paese leader europeo nella coltivazione di ogm è la Spagna con soli 0,1 milioni di ettari (su un totale di 170,3 milioni di ettari a livello mondiale!) piantati nel 2013, gli Stati Uniti sono il Paese leader mondiale nelle colture ogm con 69,5 milioni di ettari piantati nel 2013 e il Canada è quarto con 11,6 milioni (secondo il Brasile con 36,6 milioni di ettari, terza l’Argentina con 23,9 milioni, quinta l’India con 10,8 milioni, sesta la Cina a 4 milioni di ettari; qui tutti i dati più recenti sulle colture ogm nel mondo).
Proprio nel contesto del marcato nordamericano arriva la prima mela che “non invecchia”, realizzata dai ricercatori della società canadese Okanagan Specialty Fruits della Arctic Apple e in attesa del via libera del dipartimento dell’agricoltura di Washington per la commercializzazione negli Stati Uniti. Si tratta di mele Golden Delicious e Granny Smith che sono state manipolate geneticamente con riduzione dell’enzima responsabile dell’imbrunire e dell’ossidare del frutto (il polifenolo ossidasi) e che quindi restano all’apparenza fresche e prive di “macchie” anche a settimane di distanza da quando sono state aperte e tagliate. Dato che i meli vengono propagati per innesto (quindi non si pianta alcun seme) non dovrebbero esserci rischi di inquinamento genetico delle coltivazioni di mele non-ogm.
Ma resta la contrarietà alle mele che non invecchiano sia da parte delle associazioni ambientaliste e no-ogm sia da parte dei produttori. In particolare la Northwest Horticultural Service (la principale sigla di categoria dei produttori statunitensi) teme che con il tempo si possa sviluppare nei consumatori una percezione sbagliata delle mele tradizionali, ovvero che i consumatori finiscano con il rifiutare le normali mele naturali imbrunite e “macchiate” (viste come di qualità inferiore o “rovinate”), e che quindi ci debba essere una conversione forzata delle colture con ovvi – enormi – aumenti dei costi di produzione. Dall’Italia la Coldiretti riprende e sostanzialmente conferma la posizione dei produttori americani, con questo comunicato stampa: “l’arrivo della prima mela geneticamente modificata che non annerisce e mantiene l’aspetto sempre fresco una volta tagliata a fette non interessa ai quasi 8 italiani su 10 (76 per cento) che sono contrari all’utilizzo di organismi geneticamente modificati (Ogm) nell’agricoltura in Italia, dove si è giustamente fatta la lungimirante scelta di non coltivare biotech. Se per l’azienda produttrice delle mele che non invecchiano si tratta di una scoperta rivoluzionaria perché consente di allungare la scadenza delle confezioni di frutta già sbucciate e porzionate, a preoccupare i coltivatori è il fatto che l’arrivo di questo frutto innaturalmente ‘a prova di macchie”’possa alterare la percezione di semplicità e salute che da sempre accompagna le mele. Una preoccupazione che riguarda sopratutto l’Italia, che è il primo produttore europeo di mele, con circa 70mila ettari coltivati e oltre 2 milioni di tonnellate di produzione, con gran parte della produzione che ha avuto il riconoscimento comunitario come indicazioni geografica protetta (Igp) o denominazione di origine protetta (Dop). Parliamo di produzioni come la mela della Val di Non (Dop), la mela della Valtellina (Igp), la mela dell’Alto Adige (Igp), la Melannurca campana (Igp) e la mela di Cuneo (Igp,) che fondano il proprio successo sulla loro distintività, che è tutto il contrario dell’omologazione causata dagli ogm“.
(Luigi Torriani)