Cento tonnellate di pesci morti sulla superficie delle acque del fiume Fuhe. Un episodio sconcertante che riporta in primo piano i problemi dell’inquinamento e della sicurezza alimentare in Cina.
La Cina è ormai uno dei mercati di sbocco più importanti per l’export europeo, e ha firmato lo scorso anno con la Ue un accordo per il reciproco riconoscimento dei prodotti alimentari tipici, mentre la stessa Ue sta trattando con il governo cinese per evitare l’imposizione di dazi sui nostri vini. Da tempo è impossibile ignorare la realtà di una potenza in pieno boom economico. Ma al tempo stesso la Cina è un Paese che nel settore agroalimentare ha posto e pone sempre di più una serie di gravi problemi di cui abbiamo parlato più volte qui su Universofood, dalla questione dei Laogai e del mancato rispetto dei diritti umani nella filiera alimentare a situazioni più specifiche come il caso dei pomodori, il dumping sui mandarini, le uova tossiche che rimbalzano e la carne contaminata.
Più in generale: oltre alla questione dei diritti umani c’è un problema evidente di sicurezza alimentare, un problema che fu già posto ai tempi dell’accordo Ue-Cina sul reciproco riconoscimento dei prodotti tipici (i prodotti tipici cinesi non rispettano i requisiti qualitativi degli omologhi europei) e che torna ora alla ribalta delle cronache con la moria di pesci nel fiume Fuhe.
Questi i fatti: la scorsa settimane le acque del fiume Fuhe, presso Wuhan nella provincia centrale di Hubei, erano coperte per 30 kilometri dalle carcasse di pesci morti (prevalentemente carpe e cavedani), per un totale di cento tonnellate di pesci. La causa della moria sarebbe l’inquinamento chimico dello stabilimento locale dell’azienda Hubei Shuanghuan Science and Technology Stock Co, un’industria che produce carbonato di sodio per la fabbricazione del vetro e cloruro di ammonio per i fertilizzanti e che tra il 2008 e oggi era stata citata in giudizio già quattro volte (invano) per mancato rispetto delle norme ambientali. Probabilmente a causa di perdite di ammoniaca dall’impianto chimico la concentrazione di ammoniaca nelle acque del fiume è salita a 196 mg/l (nell’acqua potabile è di 0,02 mg/l, nelle acque del fiume Fuhe era abitualmente di 12 mg/l) determinando la morte dei pesci che abitavano il fiume. Il villaggio Huanghualao, nei pressi dell’area del fiume Fuhe coperta dalle carcassse dei pesci morti, ha 1600 abitanti che vivono prevalentemente della pesca nel fiume, con 150 barche da pesca. Il dipartimento dell’ambiente cinese ha vietato agli abitanti di mangiare i pesci morti.
(Luigi Torriani)