È tornata l’influenza aviaria, con quattro focolai in Emilia Romagna nelle ultime due settimane di agosto. Non ci sono rischi per l’uomo (non può esserci trasmissione all’uomo dell’aviaria tramite consumo di carne o uova), ma per evitare il propagarsi del virus tra i polli sono stati abbattuti animali per un danno complessivo superiore ai 5 milioni di euro.
L’anno scorso l’Emilia Romagna era stata colpita dal terremoto, con danni oltre i 700 milioni di euro. Quest’anno un’altra tegola si abbatte sull’agroalimentare emiliano: il ritorno dell’influenza aviaria (la fonte iniziale del contagio potrebbe essere un’anatra o un altro volatile selvatico, secondo Regione Emilia Romagna), con quattro focolai nella seconda metà di agosto (uno a Ostellato, in provincia di Ferrara, due a Mordano, in provincia di Bologna, uno a Portomaggiore, in provincia di Ferrara). Il ceppo individuato appartiene al sottotipo H7N7, non si trasmette direttamente all’uomo (può trasmettersi solo in caso di “salto di specie”, cioè se il virus muta caratteristiche e riesce a infettare animali di specie diverse, evento rarissimo), ma è molto virulento per gli animali. Per evitare il propagarsi dell’epidemia tra gli animali sono stati quindi “gasati” (uccisi con l’anidride carbonica) 1 milione e 100.000 galline ovaiole e 18.000 tacchini. I danni per il settore, solo per gli abbattimenti, sono tra i 5 e i 6 milioni di euro (dati Regione Emilia Romagna), ma la Coldiretti – considerando anche i danni indiretti (derivanti in particolare dai vincoli di movimentazione di animali, uova e carni) – stima una perdita complessiva che supererebbe i dieci milioni di euro.
La speranza è che a questi danni non si aggiunga un contrazione delle vendite di carne di pollo e uova, cioè che non si ripetano situazioni come lo scandalo della carne di cavallo di inizio 2013 (crollo delle vendite di ragù e piatti pronti surgelati, anche se poi i controlli hanno dato esiti rassicuranti in termini di sicurezza alimentare), come il caso Escherichia Coli nel 2011, e prima ancora l’influenza suina nel 2009 e il primo grande caso aviaria del 2005 (che determinò una fobia mediaticamente alimentata a dismisura, con conseguente crollo delle vendite di carne, a proposito della quale Marco Travaglio nel libro “La scomparsa dei fatti” parlò di “giornalismo dei polli”).
Non dimentichiamo che l’Italia (dati Coldiretti) è il secondo produttore europeo, dopo la Francia, di uova (13 miliardi all’anno nel 2012) e di carni avicole (1,3 milioni di tonnellate nel 2012), per un fatturato totale di 5,7 miliardi di euro, che nonostante la Crisi (o forse anche grazie alla crisi, perché pollo e uova costano meno delle carni rosse) risulta in ulteriore crescita nel primo semestre del 2013 (+4% le uova, +6% la carne di pollo, per un consumo annuo di circa 19 kg di prodotti avicoli pro capite). Il totale di occupati nell’intera filiera è, in Italia, di 100.000 persone. Nella sola Emilia Romagna (dati Regione Emilia Romagna) il comparto avicolo conta circa 1.100 allevatori, 600 milioni di euro di fatturato (più 300 per i mangifici, 900 per la lavorazione e trasformazione, 1 miliardo per trasporti e servizi), 39 milioni di capi allevati ogni anno, e 18.000 occupati (6.000 nella filiera delle uova e 12.000 nella filiera delle carni).
(Luigi Torriani)