Nei primi sei mesi dell’anno il settore agricolo dal punto di vista occupazionale aveva mostrato una relativa tenuta di fronte alla Crisi. Poi il crollo nel terzo trimestre del 2012, con 38.000 posti di lavoro “bruciati” in soli tre mesi.
Se nell’esaminare i dati Istat relativi all’occupazione in agricoltura ci fermassimo a giugno 2012 vedremmo una situazione tutto sommato incoraggiante. Nel terzo trimestre dell’anno (aprile-maggio-giungo) l’agricoltura dal punto di vista dell’andamento delle assunzione è addirittura il miglior settore dell’economia italiana, con un incremento del 10,1% sui lavoratori dipendenti rispetto allo stesso periodo del 2011.
I guai incominciano nel terzo trimestre dell’anno (luglio-agosto-agosto), con una flessione tendenziale dell’occupazione del 4,3%, pari a 38.000 lavoratori in meno. Perché? Secondo la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), oltre all’impatto della Crisi epocale che stiamo vivendo e che sta colpendo tutti i settori dell’economia italiana, ci sono anche delle ragioni specifiche e congiunturali. E precisamente: il terremoto emiliano di fine maggio (danni per oltre 700 milioni di euro per l’agroal8imentare, con un impatto devastante che ha pesato soprattutto sul terzo trimestre dell’anno); l’ondata di caldo anomala dell’estate 2012 (danni per almeno un miliardo di euro all’agricoltura italiana); la stangata dell’Imu (aumento generale dei costi per le imprese agricole italiane attorno al miliardo di euro).
Ma c’è un altro aspetto interessante. Nel terzo trimestre 2012 al calo occupazionale generale non corrisponde un calo di tutte le posizioni lavorative. In particolare: mentre i lavoratori autonomi diminuiscono del 9,8% rispetto allo stesso periodo del 2011 (con un crollo drammatico nel Centro Italia: meno 24,4%), i lavoratori dipendenti non solo non scendono ma addirittura aumentano dell’1,1% 8con una crescita significativa proprio nella stessa Italia Centrale: più 11%). Questo significa, secondo la Cia, che “è in corso una riorganizzazione della struttura aziendale che da un lato mette completamente fuori mercato le micro imprese e i piccoli produttori e dall’altro favorisce l’aggregazione e il rafforzamento dimensionale delle aziende più grandi e competitive che continuano ad assumere manodopera”. Nonostante l’impegno della Coldiretti ad attrarre nuovi giovani imprenditori nel settore agricolo (si vedano per esempio il vademecum su “Come aprire un’azienda agricola oggi” e il premio Oscar Green per le imprese agricole più innovative dell’anno), di fatto le piccole e medie imprese agricole continuano a chiudere (ben 50.000 hanno chiuso i battenti nel 2011, e 13.000 nel solo primo trimestre del 2012, in attesa dei dati definitivi per il 2012). Restano le aziende più grandi, spariscono lentamente quasi tutte le micro imprese. In attesa che la politica si decida a mettere in atto una volta per tutte la vendita dei terreni agricoli dello Stato, dalla quale potrebbero derivare fino a 43.000 nuovi posti di lavoro per i giovani italiani.
(Luigi Torriani)