Continuano i problemi per l’olio italiano. Partito il progetto GeniusOlei, per rilanciare il Made in Italy e combattere le sempre più frequenti frodi e contraffazioni, salta fuori ora il problema dei prezzi all’origine in fortissimo calo. Con la Cia (Confederazione italiana agricoltori) che chiede urgentemente un intervento politico per aiutare i produttori. D’altronde il problema del drastico calo del prezzo pagato ai produttori è un problema più generale della filiera agroalimentare italiana, che ha colpito di recente anche il settore ortofrutticolo e gli allevatori di pecore.
L’estate scorsa è stata la volta dei produttori di frutta e verdura. Il paradosso del settore ortofrutticolo italiano, per cui il consumatore si trova a pagare sempre di più ma al tempo stesso i guadagni degli agricoltori sono in continua discesa. “Merito” – se così si può dire – dell’atteggiamento predatorio e dei ricarichi pazzeschi della Gdo, che hanno fatto infuriare la Coldiretti e che ha creato una situazione in cui molti agricoltori arrivavano ad evitare i raccolti perché l’alternativa era vendere sottocosto. Poi è toccato ai pastori, con il latte di pecora sceso al di sotto dei costi di produzione (mentre i prezzi finali al consumatore non diminuivano affatto…). Una situazione insostenibile che ha spinto i pastori iscritti alla Coldiretti a scendere in piazza con un blitz alle porte di Roma con tanto trattori al seguito.
Ora è la volta dei produttori di olio, con un prezzo alla produzione in continuo – drastico – calo. In Italia – secondo i dati della Coldiretti – si producono in media 500.000 tonnellate di olio di oliva, che per il 60% è venduto come extravergine (per un totale di circa 300.000 tonnellate). Di queste quasi un terzo (per un totale di 100.000 tonnellate) sono destinate all’autoconsumo e alle vendite dirette. Ma l’Italia è anche il principale importatore mondiale di olio di oliva per un totale di 470.000 tonnellate all’anno, che vengono spesso miscelate alla produzione nazionale (talvolta con frodi) e alimentano i consumi nazionali di 700.000 tonnellate e le esportazioni di circa 250.000 tonnellate all’anno. La produzione nazionale si concentra in Puglia (35%), Calabria (33%), Sicilia (8%), Campania (6%), Abruzzo (4%), Lazio (4%), Toscana (3%) e Umbria (2%). Sono 42 gli oli italiani a denominazione di origine riconosciuti dall’Unione Europea. Numeri importanti che devono oggi fare i conti con il problema del crollo delle quotazioni all’origine. Proprio nel mercato pugliese, il maggiore a livello nazionale, l’olio si vende all’origine a valori intorno ai 2,20-2,30 euro al chilo. Cifre inferiori ai prezzi dell’anno scorso, che già non erano remunerativi per gli olivicoltori, già alle prese con i continui aumenti dei costi di produzione e delle imposte.
In un comunicato stampa la Cia spiega le cause e le possibili soluzioni del problema: “la campagna era iniziata in modo più promettente e le quotazioni degli oli novelli avevano fatto sperare in un mercato più vivace, anche in considerazione dell’elevata qualità media di quest’anno. Poi le alte produzioni, localizzate solo in alcune province pugliesi (Foggia e Bari), in controtendenza con le altre realtà nazionali, e fenomeni speculativi nelle filiere distributive, hanno determinato l’attuale situazione. La Cia chiede che vengano attentamente analizzate tutte le possibilità di intervento previste a livello comunitario per le crisi di mercato, al fine di limitare, per quanto possibile, le perdite economiche dei produttori. In primo luogo, è opportuno attivare l’aiuto all’ammasso privato, portando il prezzo di intervento almeno ai 2,33 euro al chilo, come richiesto dal Copa-Cogeca, struttura che riunisce organizzazioni degli agricoltori e delle cooperative europee. Inoltre si deve valutare anche la possibilità di accedere ad altre misure, come gli “aiuti agli indigenti” ed i programmi di “educazione alimentare e consumo consapevole”. L’Italia, per l’olio di oliva, detiene il primato qualitativo, rilevato e riconosciuto in tutto il mondo, ma non riesce a concretizzare questa leadership in termini economici e di reddito per i produttori. Occorre dunque agire con determinazione per organizzare le filiere, sviluppare i prodotti a denominazione di origine e valorizzare l’extravergine di alta qualità, anche con regole di tracciabilità e di etichettatura trasparenti, insieme con efficaci programmi di informazione, che agevolino nei consumatori la percezione dell’eccellenza dell’olio di oliva italiano”.
(Luigi Torriani)