Ottime notizie per gli occupati nel settore pesca e acquacoltura: a livello mondiale il contributo dei prodotti ittici alla dieta ha raggiunto in media la cifra record di quasi 17 kg a persona.
Questo incremento è dovuto principalmente alla continua crescita della pesca d’allevamento, che secondo il rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, Fao, “Lo stato della pesca e dell’acquacoltura nel mondo” (Sofia 2010) pubblicato recentemente, supererà presto la pesca di cattura nel consumo di pesce.
Secondo il rapporto Fao, inoltre, la pesca e l’acquacoltura nel complesso danno occupazione a circa 540 milioni di persone, vale a dire l’otto per cento della popolazione mondiale. Mai prima d’ora si è registrato un così alto consumo di prodotti ittici e mai prima d’ora così tante persone sono state coinvolte nel settore o dipendono da esso.
I prodotti ittici continuano ad essere le derrate più commerciate, e nel 2008 hanno raggiunto l’ammontare record di 102 miliardi di dollari, un incremento del nove per cento rispetto al 2007. La percentuale complessiva di stock ittici oceanici sfruttati in eccesso, esauriti o in fase di ricostituzione non è diminuita, secondo il rapporto, al contrario si stima sia leggermente più alta che nel 2006. Circa il 32% degli stock ittici mondiali risultano sfruttati in eccesso, esauriti o in fase di ricostituzione, e secondo il rapporto necessitano di ricostituirsi al più presto. Invece all’altra estremità della rilevazione, il 15% degli stock monitorati dalla Fao sono stati stimati sotto-sfruttati (3%), o moderatamente sfruttati (12%) ed in grado di produrre di più del loro livello attuale.
“E’ davvero motivo di grande preoccupazione che non vi sia stato alcun miglioramento nello status degli stock”, dice l’esperto Fao Richard Grainger, uno dei curatori del rapporto. “E’ necessario che la percentuale di sovrasfruttamento cali, sebbene almeno sembra si sia raggiunta una certa stabilità”.
Il rapporto prende in esame anche il crescente impegno di far valere a livello legislativo controlli più rigidi mediante misure commerciali o misure contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.
Le misure commerciali intendono bandire dal commercio internazionale l’ingresso di pesce e prodotti ittici provenienti da questo tipo di pesca, per assicurare una migliore gestione dell’intero settore e ridurre così i livelli di sovrasfruttamento. Uno studio recente valuta il costo della pesca illegale e non dichiarata tra i 10 ed i 23,5 miliardi di dollari l’anno. Il rapporto fa anche riferimento al dibattito in corso sulla proposta di registrare a livello mondiale tutti i pescherecci, in questo modo si assegnerebbe a ciascun peschereccio un’identificazione unica che rimarrebbe costante indipendentemente dalla proprietà o dal cambio di bandiera. Una trasparenza di questo tipo renderebbe più facile vigilare sulle imbarcazioni coinvolte in attività di pesca illegale. L’aumentata domanda di pesce e prodotti ittici evidenzia la necessità di una gestione sostenibile delle risorse acquatiche.
Il rapporto raccomanda infine un approccio ecosistemico alla pesca, un approccio che sia integrato e che bilanci gli obiettivi delle comunità con lo stato della pesca e del suo ambiente naturale ed umano.
(Da www.aiol.it)