Dal Salone del Gusto che si è svolto nei giorni scorsi a Torino un monito a governo ed UE per proteggere la grande ricchezza del settore alimentare italiano.
Un Presidio in Europa contro le agropiraterie: è questa una delle richieste all’Ue, per arginare un fenomeno che danneggia il Made in Italy agroalimentare e le aziende che hanno sposato la filosofia della qualità. A lanciarla, il coordinatore degli Assessori all’Agricoltura d’Italia, assessore della Regione Puglia Dario Stefàno, relatore all’incontro odierno organizzato da Slow Food e Ismea, in cui sono stati presentati i risultati dell’ indagine condotta dall’ Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare «Produzione Dop e Igp: consumi, fatturato, export e mercati».
L’Italia guida la classifica europea per numero di marchi certificati: con ben 213, su un totale di 938, distanzia Francia (176) e Spagna (140) con un tasso di crescita doppio rispetto al dato medio europeo. Un fenomeno, quello delle Dop e delle Igp italiane, in forte espansione numerica, confermata anche dall’ultima indagine strutturale dell’Istat: 82.120 operatori tra produttori e trasformatori, 138.900 ettari utilizzati e 47.300 allevamenti. Cifre, e questo è il dato su cui riflettere, che non si traducono però in un altrettanto importante incremento di fatturato, se non i pochi casi.
Oltre l’80 per cento del giro d’affari rimane, infatti, concentrato su una decina di grandi marchi, mentre la gran parte delle produzioni sviluppano fatturati molto limitati, spesso solo a livello locale.
Così come, mentre cresce il numero dei prodotti insigniti dal marchio, diminuisce il volume dei prodotti certificati. L’unico balzo in avanti è registrato dall’olio d’oliva con un più 21,7%.
Sul fronte della domanda interna, il trend dei consumi italiani continua ad evidenziare qualche difficoltà per Dop e Igp, il cui ruolo sugli acquisti domestici diminuisce, così come continua a mutare la struttura delle vendite al dettaglio: scendono supermercati e dettaglio tradizionale, ma crescono ipermercati(+11%) e soprattutto discount (+18%).
L’unico dato positivo giunge dall’estero: le vendite oltrefrontiera hanno sfiorato nel 2009 il valore di 1,3 miliardi di euro, mettendo a segno un + 15%. A crescere di più i formaggi Dop (+11,5%), i prodotti a base di carne (+ 21,6), l’ortofrutta (+ 18,3%) e soprattutto l’olio d’oliva con +96,1% (soprattutto verso i Paesi extra-UE).
Pochi marchi, concentrano oltre il 90% dell’export, come Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma o le Mele dell’Alto Adige: «bandiere nazionali in tutto il mondo – ha sottolineato Stefàno – perché ormai brand riconoscibili, al di là del marchio certificato, che nasce per tutelare le produzioni dalle imitazioni, ma non come strumento di promozione come spesso, purtroppo, è ancora interpretato dai produttori». La proliferazione dei marchi, dunque, non è un fatto di per sè positivo, anzi a volte crea confusione nei consumatori. La ricetta, dunque, sembra essere quella di razionalizzare: meno marchi e maggiore aggregazione tra i produttori (non a caso la classifica delle vendite è guidata esclusivamente dai Consorzi).
In tal senso, il coordinatore Stefàno non ha dubbi: «nella nuova PAC chiederemo un maggiore ruolo per le Organizzazione dei Produttori, perché l’obiettivo è quello di aiutare le piccole aziende impegnate nel percorso della qualità e della tradizione a stare insieme e condividere strategie di marketing internazionali. Perché, davanti al Titano del mercato globale, il piccolo produttore da solo non ce la può fare».
«Così come non ce la può fare – continua Stefàno – ogni singolo Stato membro, e ancor meno le Regioni, a combattere la battaglia altrettanto titanica contro le agro-piraterie, vera spina nel fianco delle nostre aziende. L’Ue deve rendere la maglia dei controlli omogenea e prevedere meccanismi che impediscano l’ingresso da Paesi terzi di prodotti che non rispettano gli stessi standard di qualità e sicurezza alimentare. Per questo occorre un Presidio UE ad hoc».
«Quella della razionalizzazione dei marchi però– conclude Stefàno – è una battaglia anche territoriale. Alle imprese pugliesi chiedo di non rimanere da soli, i prodotti di punta del Made in Italy parlano chiaro: uniti e con oculate strategie di marketing internazionale si può vincere la sfida del mercato globale e superare con successo l’attuale crisi».
(Da www.regionepuglia.it)