L’agroalimentare ha retto bene alla crisi generalizzata del 2009, e segna una crescita nei primi due mesi dell’anno in corso del 2,1 per cento rispetto a un calo generale della produzione dello 0,2% e dei consumi interni del 2,3. Bene anche l’export che segna un +2,6%. Sono i dati emersi alla presentazione della 15° edizione del Salone internazionale dell’alimentazione, il Cibus di Parma (10-13 maggio 2010).
La manifestazione più importante del settore in Europa, «che rappresenta il secondo comparto produttivo del paese con 120 miliardi di fatturato, di cui 20 di esportazioni», dice Gian Domenico Auricchio presidente di Federalimentare.
Tra gli sponsor il gruppo Cariparma, che ha sviluppato una attenzione particolare alla filiera agricola emiliana. «Quello alimentare», interviene il presidente di Fiere di Parma Franco Boni, «è un comparto anticiclico, che reagisce molto più velocemente degli altri».
Ma deve essere supportato dal governo con maggiori attenzioni. «Bisogna migliorare la gestione dell’export», interviene Antonio Cellie, ad di Fiere di Parma, «fluidificare i rapporti con la grande distribuzione organizzata e diventare ancora di più partner della Gdo, anche nella fornitura delle loro marche private».
L’industria per svilupparsi deve, quindi, fornire tecnologie e prodotti ai grandi punti vendita. Gli acquisti famigliari dei prodotti a marchio proprio infatti rappresentano il 23% delle scelte della “casalinga di Voghera” e il 50% di quelle straniere. Quindi si deve guardare alla Gdo con attenzione. «Non è impenetrabile», interviene Pierpaolo Celeste, Capo dipartimento dei servizi alle imprese dell’Ice, «se si sa combattere con una politica di prezzi competitivi, dato che l’eccellenza dei prodotti italiana è scontata, si svilupperanno altri mercati». «E per fare questo», ribadisce Cellie, «si deve anche diventare una industria di produttori di marche proprie, sempre in una ottica di crescita organica e non di sudditanza dalla Gdo». «Bisogna sviluppare le esportazioni», prosegue Auricchio, «e la vetrina del Cibus è un punto di forza, è uno strumento eccellente per la promozione dei prodotti nazionali. La fiera si pone come intermediaria con il mondo anche grazie proprio all’appoggio dell’Ice».
Oltre 600 buyer sono, infatti, attesi in fiera nei 4 giorni della manifestazione, provenienti da 110 paesi (Europa, Nord America, Argentina, Brasile, Far east, Turchia). «Duecento sono stati invitati dalla Fiera», spiega Celeste, «e sono stati scelti con il preciso intento di fare realmente sviluppare le aziende nella loro espansione all’estero».
L’altro grande aspetto del comparto che può aiutare l’industria agroalimentare è il “fuori casa”, il pranzo o la cena, come il piccolo spuntino. «È un mercato a cui si deve obbligatoriamente guardare», continua Cellie, «perché rappresenta il 35 per cento dei consumi sul totale della spesa nazionale, pari a 150 miliardi di euro, e ben il 51 per cento di quella americana». Il successivo strumento di sviluppo all’estero è, quindi, anche il colloquio con gli operatori della ristorazione. «Rappresenta il sistema migliore per la fidelizzazione». «Perché, conclude Auricchio, noi vendiamo non solo un prodotto, ma un modo di vivere, delle sensazioni. Un territorio»
da ilSole24ore.com